Il giorno in cui le donne si presero la storia

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Il 2 giugno è una data importante per il nostro Paese: la nascita di una nuova identità politica e sociale.  Il popolo viene chiamato a scegliere, attraverso il referendum istituzionale, se votare a favore della Monarchia, forma di stato vigente o dare vita alla Repubblica.

Ed il popolo vota per il cambiamento.
Lo stesso 2 giugno del 1946 si tennero le elezioni per l’Assemblea Costituente e, per la prima volta nella storia italiana, a suffragio universale: la concessione del voto alle donne apparve, in particolare, come il segno più visibile del cambiamento e del progresso che si andava diffondendo nel nostro Paese. E, aggiungerei, doveroso! Difatti è anche grazie al prezioso contributo e sacrificio di molte donne, in realtà di giovanissime donne, che si afferma la democrazia. Per questo vorrei celebrare la festa della Repubblica ricordando le vicende di due donne, in particolare: Teresa Mattei e Luciana Romoli, entrambe staffette partigiane nel periodo della Resistenza.
Perché la mia scelta si orienta proprio su queste due figure, dal momento che molte hanno cooperato con slancio e abnegazione, incuranti dei rischi e consapevoli che la morte fosse tra le possibili conseguenze dei loro atti?
La prima è una scelta legata al ruolo istituzionale dal momento che Teresa Mattei fu tra le prime deputatesse della nostra Repubblica; l’altra è personale dal momento che ho vissuto grazie a Luciana Romoli la possibilità di incontrare la Storia, perché Luciana nonostante sia una “ragazzina” di quasi 90 anni, gira per le scuole con vitalità travolgente alimentando nelle comunità scolastiche la riflessione sulle aberrazioni che si sono avute, ma che non si devono più ripetere. E lei ha onorato anche la nostra comunità scolastica con la sua testimonianza per ben due volte e, se non fosse stato per il Covid-19, sono certa sarebbe ritornata, perché solo una tale virulenza può fermare un “vulcano” come Luce, pseudonimo da staffetta partigiana. 
Dunque due donne diverse, accomunate dallo stesso amor di patria e dal desiderio viscerale di libertà. Due ruoli fondamentali assunti nella società. Ma procediamo per gradi e vediamo di saperne di più.
La mia simpatia per Teresa Mattei deriva dall’idea di aver intrapreso lo stesso percorso di studi da lei vissuto, però, in un periodo difficile e riottoso non solo alla cultura, (infatti in epoca fascista si procede ad una precisa manipolazione e riduzione delle conoscenze), ma soprattutto determinato da un progressivo allontanamento della donna dalla sfera pubblica, addetta solo alla cura del focolare domestico e alla funzione procreativa. Poichè le opportunità occupazionali per le donne andarono drasticamente riducendosi, ogni ragazza non riceveva incoraggiamenti a proseguire gli studi. Dunque pensare alla tenacia e forte controtendenza di una donna, appassionata allo studio a tal punto da prodigarsi in condizioni estreme come una guerra può comportare, è certamente una nota di grande merito e orgoglio.   
Così scrive di Teresa Mattei Il Messaggero il 26 giugno del 1946 “… la più giovane deputatessa italiana alla Costituente ha molti bei riccioli bruni e due begli occhi vivi e ha venticinque anni. E’ nata a Genova, ha studiato a Milano, e a Firenze si è laureata in filosofia, durante la lotta clandestina”.
E poi, sempre il Messaggero, questa volta il 7 marzo del 1997 le dedica due pagine in cui lei stessa dichiarava “…Mi occupo di bambini e vorrei per loro un mondo dove non esistano più delle contrapposizioni così grandi. Ho imparato da loro a non stare da nessuna parte. Ho una grande speranza nel mondo”. Teresa Mattei non si è mai tirata indietro, sempre pronta a lottare anche quando perde il fratello, Gianfranco, che come lei combatteva per gli stessi ideali. Dopo la cattura per una delazione, si toglie la vita nella cella della prigione di via Tasso a Roma, impiccandosi con la cintura dei pantaloni, per non cedere alle torture inflittegli e non rischiare di rivelare i nomi dei compagni. Chicchi, il suo nome di battaglia, non si è tirata indietro neanche quando nel 1944 viene catturata a Perugia e violentata da alcuni soldati tedeschi. Destinata alla fucilazione, sarà graziata da un gerarca fascista secondo il quale “una così brava ragazza non può essere una partigiana”.
Terminata la guerra è eletta all’Assemblea Costituente con il PCI. Tra i suoi contributi l’introduzione della mimosa come simbolo dell’8 marzo e la firma dell’articolo 3 della Costituzione che recita così: “Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche e sociali”.
Poi entra in attrito con il PCI, diventa scomoda per essersi rifiutata di adeguare la sua vita di donna agli ordini di un PCI moralista: era rimasta incinta dalla relazione con un uomo sposato e Togliatti le chiede di abortire. Teresa acconsente, ma non perdona. La rottura sarà definitiva quando criticherà apertamente anche la linea politica di Stalin: è espulsa dal PCI. Questo significherà l’interruzione dell’attività politica, ma non il suo impegno civile e si distinguerà per molte iniziative a favore dei bambini e della pace. 
E ora passiamo a Luce, classe 1930, romana che, quando incontra i giovani, li invita a conoscere la storia ed amare la Costituzione. La sua è la storia della Resistenza e della Liberazione dal Nazifascismo, come Chicchi. Due storie che si intrecciano, due forti personalità, due grandi donne… e forse lo stesso Dante si sarebbe così pronunciato “Donna, sé tanto grande e tanto vali”! Luciana viene espulsa a 8 anni dalla scuola per aver difeso la sua amica ebrea Deborah. E’ il suo primo atto politico. E’ il 1938.
 Diventa, poi, a 13 anni partigiana staffetta con la sorella, mettendo quotidianamente a rischio la sua vita per la consegna di materiale, messaggi.  A lei Gianni Rodari dedicò la filastrocca “L’accento sull’A”.
Come dimenticare l’espressione di studenti ipnotizzati per quasi due ore e mezza dalle sue parole, dalla sua grinta, dalla condivisione di ricordi fortemente vivi. Luciana combatte, affinchè non cadano nell’oblio i sacrifici di una generazione che ha lottato e creduto in un mondo migliore, quello in cui regna la libertà, la democrazia, quello che solo una Carta Costituzionale può garantire e che dobbiamo conoscere e difendere.

Ecco perché vorrei concludere questa riflessione, definendo il 2 giugno anche Il “giorno che le donne si presero la Storia” e lasciando parlare Filomena Delli Castelli : “…Eravamo consapevoli che il voto alle donne costituiva una tappa fondamentale della grande rivoluzione italiana del dopoguerra. Avevamo finalmente potuto votare e far eleggere le donne. E non saremmo state più considerate solo casalinghe o lavoratrici senza voce ma fautrici a pieno titolo della nuova politica italiana”.

L'autore
: prof.ssa Teresa Catania
Docente di Filosofia e Storia
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