Donne iraniane: il segno di una rivoluzione

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Mahsa Amini, conosciuta anche come Zina o Jîna Emînî, a soli 22 anni è stata arrestata il 13 settembre dalla polizia religiosa nella capitale dell’Iran a Teheran.

Il motivo dell’arresto è stata la violazione della legge in vigore sull’obbligatorietà del velo emanata nel 1981, seguita da altre norme più restrittive che prevedevano sanzioni economiche o addirittura l’incarcerazione, per far sì che l'obbligo venisse rispettato.
Come spiegato dalla studiosa Sahar Maranlou, le autorità hanno sempre goduto di una certa discrezione nello stabilire se una donna stesse o meno indossando correttamente il velo, ed era stata proprio una contestazione di questo tipo a portare all’arresto di Mahsa Amini lo scorso settembre. Tre giorni dopo il suo arresto, il 16 settembre, è stato dichiarato il suo decesso a causa di “un infarto”. Diversi testimoni hanno dichiarato che in realtà era stata picchiata e aveva battuto la testa, poi una subentrata emorragia cerebrale ne aveva causato, dopo vari giorni di coma, la morte. In seguito all’ingiustizia avvenuta sono scaturite diverse proteste e rivolte intestine, Masha è diventata simbolo dell’oppressione e della violenza nei confronti delle donne, concetti ancora non estirpati in questa società fortemente fallocratica. Questa volta però, non c’è stato silenzio ma solo un grande rumore da parte di coloro che hanno rivendicato i propri diritti, la propria libertà e hanno deciso di fermare la discriminazione di genere.
Anche il mondo dello sport ha mostrato solidarietà per le vicende avvenute in Iran: la 32enne Elnaz Rekabi, campionessa di arrampicata iraniana, ha gareggiato a Seul senza velo e per potersi giustificare con le autorità iraniane, ha affermato che l’hijab le era caduto inavvertitamente. 
Secondo le fonti della BBC Persian, "le autorità hanno minacciato di sequestrare i beni della sua famiglia se non avesse rilasciato la dichiarazione". Le autorità emisero un mandato di arresto per le sue violazioni del codice di abbigliamento islamico, difatti le donne iraniane che non si coprono in pubblico vengono regolarmente arrestate dalla polizia morale del paese, come è successo a Masha Amini. Ad oggi di Elnaz Rekai non si ha più notizia. 
In Iran e in tutti i paesi di religione islamica il gesto di tagliarsi i capelli rappresenta il lutto e, dopo che per una ciocca fuori posto una donna è stata uccisa, questo gesto è diventato in tutto il mondo il simbolo di sostegno verso le proteste contro il sistema politico e religioso iraniano. Spesso il gesto di tagliarsi i capelli, nel mondo occidentale, è il simbolo di un cambiamento esteriore, ma questa volta il cambiamento che parte dalle donne iraniane è interiore, in quanto scelgono di non voler più sottostare e sottomettersi alle regole che vengono loro imposte. Molte attrici, cantanti e persone di spicco provenienti da tutto il mondo, hanno voluto dare il loro contributo tagliandosi una ciocca di capelli, un gesto per sensibilizzare riguardo un argomento di cui si parla ancora poco, un gesto spinto dalla rabbia per una società patriarcale che ancora oggi nel 2022 vige in molti paesi e con una mentalità retrograda si impone e nega fondamentali diritti umani. Oltre a “tagliarsi i capelli”, come comunemente viene minimizzato sui social, molte altre sono in realtà le proteste e gli atti simbolici intrapresi sul web proprio per diffondere e portare in auge le volontà di un intero popolo e di un intero genere. Molti sono gli hashtag utilizzati per diffondere notizie spesso censurate in Iran, molti sono gli artisti iraniani che si fanno portatori di messaggi di speranza a favore di questa lotta per i diritti umani.
Donna, vita e libertà” è lo slogan principale che accompagna le grandi proteste in Iran, a cui non solo partecipano le donne, ma anche gli uomini. E’ uno slogan che sfida il sistema e che va contro le leggi discriminatorie sulla disuguaglianza di genere della Repubblica islamica.
Uno dei volti più celebri delle manifestazioni è Mohsen Shekari che è stato arrestato dalla polizia morale e in seguito è stato giustiziato; si tratta della prima esecuzione di un manifestante dall'inizio delle proteste anti-governative nel Paese. 
Esiste, invece, un’altra forma di manifestazione intrapresa da giovani temerari, che consiste nel togliere il turbante ai mullah, simbolo massimo del potere violento e repressivo, e farlo cadere mentre si è ripresi da una telecamera per caricarlo sui social media, in modo tale da rendere partecipe l’intero mondo. È una manifestazione pacifica ma con un significato potente, quello di un attacco diretto al sistema, simbolo di una popolazione stanca di essere oppressa e con la voglia di lasciare un segno nella storia, un segno che è già una rivoluzione.

Valeria Coratella   3 A

 

L'autore
: Valeria Coratella

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