Il caso di Emanuela Orlandi: la storia della ragazza vaticana
Era il 22 giugno del 1983 quando Emanuela Orlandi, ragazza di 15 anni residente nella città del Vaticano, uscì di casa per poi sparire per il resto della sua vita. Quel giorno, Emanuela si recò a Roma all'accademia musicale che frequentava per esibirsi con il suo flauto. La ragazza, però, non tornò più a casa dopo il saggio.
La famiglia, già preoccupata, dopo alcuni giorni, decide di istituire un numero telefonico a cui rivolgersi nel caso di avvistamenti.
Dopo una settimana una strana chiamata arriva a casa Orlandi: un uomo con un accento anglosassone, detto l’Americano, sostiene di essere il sequestratore di Emanuela. L’uomo chiederà la liberazione dell’attentatore di Papa Giovanni II, Ali Ağca, in cambio della liberazione di Emanuela. L’Americano fa ascoltare ai genitori un nastro con registrata la voce di una ragazza, che ripete una frase, forse estrapolata da un dialogo più lungo: "Scuola: Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II, dovrei fare il terzo liceo ….” . Seguono altre telefonate, ma, nonostante le richieste di vario tipo e le presunte prove, Americano non apre nessuna reale pista. Non vengono di fatto mai fornite prove che dimostrino l'esistenza in vita di Emanuela né tantomeno che la ragazza sia effettivamente ostaggio dei Lupi Grigi, l'organizzazione di cui Ağca faceva parte.
Una prima svolta si ebbe nel 2005, quando la trasmissione “Chi l’ha visto?” riceve una chiamata anonima che invita ad indagare chi fosse sepolto nella Chiesa di Sant’Apollinare, proprio vicino all’accademia che frequentava Emanuela. Il defunto è Enrico de Pediis, un boss della Banda della Magliana, ucciso nel 1990. Una delle domande a cui non ci sarà mai una risposta, ma su cui tutti si interrogano è: “Perché un boss mafioso è seppellito in una Chiesa?” La pista riguardante la Magliana viene concretizzata quando Sabrina Minardi, compagna di de Pediis, testimonia che la 15enne sarebbe stata rapita proprio dal boss e tenuta prigioniera in un'abitazione vicino a piazza San Giovanni di Dio, consegnata poi a dei prelati. La donna viene sentita più volte dagli inquirenti, ma cade in contraddizione e smentisce le sue ricostruzioni del fatto finendo lei stessa sotto indagine. Nel 2017 Emanuele Fittipardi pubblica un libro intitolato Gli impostori, in cui riporta dei documenti ricevuti da una fonte in Vaticano, tra cui quella che sembra una lettera di accompagnamento a una serie di fatture e materiali allegati che comproverebbero alla segreteria di Stato le spese sostenute per Emanuela Orlandi in un arco di tempo che va dal 1983 al 1997. Nello stesso anno, per il 34esimo anniversario della scomparsa di Emanuela, la famiglia Orlandi chiede alle autorità vaticane di accedere agli atti conservati sul caso. Nessuna risposta.
Ed arriviamo ad oggi: nel 2023, dopo circa 40 anni dalla scomparsa di Emanuela, il Vaticano decide di riaprire il caso. Ma è ben chiaro come tutte le piste portino al Vaticano e quindi sorge spontaneo porsi una domanda: “ Se Dio è verità, perché il Vaticano ama il silenzio?”.
Giovanna Fiandanese