Meno cento
Il conto alla rovescia è iniziato. Meno 100 a quel fatidico momento, la maturità. Tra un attacco d'ansia e lacrime di gioia, i maturandi aspettano quell’esame che cambierà loro la vita, che segnerà la fine delle superiori.
Noi studenti di quarta guardiamo i nostri compagni delle quinte prepararsi a quel fatidico traguardo, forse con un pizzico di invidia: in questi giorni stanno realizzando i video per quella che è ormai una tradizione, il pranzo dei cento giorni; e sono anche alle prese con le prove invalsi e i test per l’accesso alle facoltà universitarie. Li vediamo aggirarsi per i corridoi preoccupati per gli esami e radiosi per la nuova vita che li aspetta oltre il cancello del nostro liceo. In realtà sembra un sorriso amaro quello che notiamo sui loro volti: in un modo o nell'altro questi cinque anni hanno plasmato il loro carattere e i loro sogni, e ora dovrebbero essere pronti a spiccare il volo.
Il condizionale è d’obbligo perché scegliere una facoltà o un'attività lavorativa non è solo spalancare un portone verso il futuro, ma è chiuderne uno che ha tinto di mille sfumature la nostra vita. È lasciarsi alle spalle gli sguardi delle persone che tanto abbiamo amato e tanto abbiamo odiato. È avere il coraggio di mettere un punto e andare a capo. È prendere la consapevolezza che tutto cambierà e nulla sarà come prima.
Meno cento, meno novantanove... I giorni passano rapidi, rincorrendosi l'un l'altro. Effettivamente non sappiamo cosa stiamo aspettando, per cosa, realmente, facciamo il conto alla rovescia; fremiamo nell'attesa dello zero, dando poca importanza al resto dei numeri.
"Il tempo vola" e non va sprecato. È l'insegnamento più grande di cui il poeta Orazio ci invita a far tesoro. "Dum loquimur fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero." ("Mentre parliamo il tempo è già in fuga, come se provasse invidia di noi. Afferra la giornata sperando il meno possibile nel domani.") E allora la domanda da porsi è: che senso ha? Per quale motivo si continuano ad osservare le lancette dell'orologio e non ciò che è accanto a noi?
Tic tac, tic tac, tic tac.
È finito il tempo. Quanto ne è stato sprecato? Quante occasioni perse per pigrizia, insicurezza o semplicemente per la decisione superficiale di posporre a domani? Quanti rimpianti?
Chi rimarrà vicino a noi? Quanti ragazzi andranno via?
Se c'è una cosa certa, è che si dovrà aspettare qualche festività, quando quegli amici più grandi verranno a trovarci, per poter godere di nuovo di quegli sguardi, di quei sorrisi, di quegli abbracci che si davano per scontato e che non ritorneranno.