É bravo, ma potrebbe fare di più
“È come se stesse diventando tutto di pietra: una lenta pietrificazione più o meno avanzata”, queste sono le parole citate dall’autore G. Visitilli nel suo testo “È bravo, ma potrebbe fare di più”, il quale è stato oggetto dell’incontro tenutosi a scuola il 13 ottobre, a cui hanno partecipato alunni ed insegnanti.
La pietrificazione a cui fa riferimento è un processo standardizzato del rapporto tra alunni e insegnanti, dove non ci sono le opinioni che fanno pensare, ma semplici dottrine stereotipate e comuni. Tutto ciò si è poi amplificato con la lunga quarantena che ha portato la scuola a combattere con un nemico più forte delle insegnanti, più forte dei genitori o degli alunni: il Covid-19. Un nemico che ha portato la scuola a fare i conti con una didattica a distanza, non efficace e creativa come la didattica in presenza. L’autore ha sottolineato che non solo gli alunni, ma il sistema scolastico in generale è stato cullato dalla DAD, facendo finta che tutto andasse bene e che stessero facendo tutti il proprio lavoro. Quello che però è mancato agli studenti e alla scuola in generale è stato il confronto, che avrebbe di sicuro abbattuto quel muro di pietra che si stava lentamente costruendo tra studenti e insegnanti.
Visitilli ha evidenziato il suo disappunto per una dad accettata di buon cuore un po' da tutti, delirio per la psicologia di un adolescente, quando invece ci sarebbe voluta una rivoluzione per tornare a scuola, per guardarsi e confrontarsi, anche solo per incontrarsi a leggere tutti insieme. Durante l’incontro Visitilli ha parlato di temi molto importanti, come il rapporto scolastico tra genitori e studenti e insegnanti. L’autore ha messo in scena come gli adulti siano inadeguati nei confronti dei figli, non li educano all’autonomia; i cosiddetti genitori “elicottero”, che ho sentito nominare spesso dall’autore, sono quei genitori onnipresenti, che vogliono aiutare in qualunque modo i propri figli privandoli della loro indipendenza, fornendo loro solo risposte e spianando loro la strada. Il titolo del libro riflette molto il rapporto tra queste tre importanti figure appena citate, ed è un argomento che mi ha molto affascinato.
L’autore è stato chiaro nell’esporre i contenuti, il rapporto tra insegnanti e genitori si ridimensiona, gettando colpe l’un l’altro su chi deve effettivamente educare e guidare. L’insegnante si sente sempre più e solo docente e a volte, nascondendosi dietro alcune frasi “potrebbe fare di più”, “intelligente, ma non si applica”, “se solo fosse meno svogliato” sente di aver adempiuto ai suoi doveri, lasciando ai genitori il compito di evolvere quegli stati, quando invece i genitori dal canto loro si limitano a guardare l’aspetto scolastico del proprio figlio al posto di quello educativo. Lo scrittore ha ribadito più volte che “l’insegnamento deve accendere dei fuochi e non riempire dei secchi”. Questa frase può far anche riferimento alla domanda posta da un alunno durante l’incontro, il quale chiedeva se il docente avesse lo stesso compito dell’insegnante. Lo scrittore, rispondendo a questa domanda e riferendosi alla frase inserita nel suo testo, ha commentato che nell’ambiente scolastico i docenti si limitano a fare il proprio lavoro, senza curarsi dell’aspetto umano, dell’educazione civica del ragazzo, riempiendo la sua testa di nozioni non determinanti per la vera crescita, in un momento complicato poi come la adolescenza. Gli insegnanti, invece, dovrebbero educare il ragazzo, entrare nell’aspetto umano e posizionarsi nei confronti degli studenti come guide e come esempi. Spetta poi comunque ai genitori non essere chiocce e rifugi sempre caldi per i propri figli, ma far capire loro che andare bene a scuola o superare una verifica è solo il loro minimo dovere.
L’incontro con Visitilli mi ha fatto riflettere; se metto a confronto il rapporto che ho con i miei genitori, aperto e costruttivo a differenza di quello che i miei stessi genitori avevano con i propri, molto più chiuso e inaccessibile, mi rendo conto di come il rapporto genitori-figli si sia evoluto nel corso del tempo, ma forse è necessaria una misura di compromesso tra quella generazione e la nostra. La libertà di cui godiamo all’interno delle nostre famiglie non deve essere solo l’autonomia di essere grandi, maggiorenni e quasi adulti. Ma una libertà matura, libertà di parola, di culto e di pensieri che forgia il nostro carattere e il nostro essere e che deve essere alimentata, a scuola, dall’empatia degli insegnanti che ci dovrebbero guidare a capire la strada da intraprendere non solo come indirizzo di disciplina, ma di vita. L’incontro con Visitilli mi ha fatto capire che per avere quella tanto famosa libertà, devo crescere attraverso l’educazione civica, ovvero il rispetto nei confronti di tutti e l’istruzione come fonte di conoscenza.