Per chi suona la campana (di Pasqua)?
Via Crucis al Colosseo, la prima con la gente dopo la pandemia. La croce passa di mano in mano nel mentre scorrono le stazioni che ricordano la passione di Cristo. Giunti alla tredicesima stazione, quella che ricorda la morte di Gesù, sono quattro le mani che ricevono la croce.
Sono le mani di Irina e Albina rispettivamente ucraina e russa, sono le mani di due amiche che consegnano al mondo un’immagine dalla potente carica simbolica. Sono le mani di nazioni in guerra che si stringono per sorreggere e per essere sorrette dalla croce. In quella croce non c’è solo la morte di Cristo ma c’è il dolore e la sofferenza di tutti gli innocenti schiacciati dall’odio.
Mani che si stringono attorno alla carne martoriata dell’umanità quasi a consegnare un monito alle nostre coscienze: avremo scambi di pace nel momento in cui tutti cominceremo a riconoscere la dignità dell’altro e a sentirci responsabili della sua sofferenza e chiamati ad operare per il bene di chi altro non è che mio fratello.
Pasqua è la festa della vita nuova, una vita nuova che può sgorgare qui ed ora nel momento in cui rompo gli argini del mio individualismo e vado incontro al mio fratello con cuore aperto perché la sua cura è esigenza del mio essere.
“E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te” (J. Donne)