2-penny Physics: conservazione della quantità di moto in 2D

Innovare la didattica della Fisica, trasformando gli studenti in veri e propri co-costruttori del loro sapere? Ci ha provato il prof. Ugo Morra, docente di Matematica e Fisica del nostro Liceo. Sempre pronto a rendere affascinante una disciplina che ai più può risultare ostica, ha messo a punto il progetto “2-penny Physics: conservazione della quantità di moto in 2D”. Il progetto, presentato al Festival Italiano di Science on Stage – Città della Scienza di Napoli, è stato selezionato come uno degli 11 migliori progetti di didattica innovativa e accederà perciò al Festival Europeo di Turku in Finlandia che si svolgerà ad agosto 2024.


Noi di 3:14pm lo abbiamo incontrato e gli abbiamo rivolto alcune domande.

Prof. Morra, può spiegarci il suo progetto “2-penny Physics: conservazione della quantità di moto in 2D”?
Il progetto nasce da un’idea del prof. Lorenzo Galante, mio carissimo amico e collega col quale collaboro da più di una decina di anni; stimo e apprezzo Lorenzo per la grande creatività e spiccatissima passione per la fisica. Alla base c’è la considerazione che i ragazzi non assimilano facilmente la natura vettoriale della quantità di moto. In effetti l’apparato sperimentale classico che generalmente si utilizza nei laboratori delle scuole è la rotaia a cuscino d’aria. Due carrelli si urtano su un binario in cui sono ridotti gli attriti (tanto da considerarli trascurabili). Ma l’urto sulla rotaia a cuscino d’aria avviene in una direzione, cioè i carrelli si muovono entrambi lungo la stessa retta, prima e dopo la mutua interazione. Per capire che gli urti possono avvenire anche in più di una direzione, pensiamo ad un tavolo da biliardo in cui due palle si colpiscono e procedono poi in direzioni diverse che formano un angolo. Ma pensare di portare un biliardo a scuola è cosa da folli! Ecco che questo apparato ne prende il posto a pieno titolo, con il pregio di essere un apparato “low cost”: una scatola di cellulare, due fogli A4 e due monetine da 1 cent di euro.  Così ogni studente realizza sul proprio banco il suo apparato sperimentale, valuta le possibili sorgenti di errore nella misura ed ha l’opportunità di ragionare e apportare modifiche che le minimizzino. L’esperimento si svolge in due dimensioni: sotto gli occhi degli studenti di un’intera classe (sul loro banco) si verificano casi reali di urti. Essi “toccano con mano” il carattere vettoriale della legge di conservazione. L’apparato, inoltre, consente di indagare la conservazione della quantità di moto, nonostante la presenza della forza di attrito con un costo molto basso, ed è quindi realizzabile anche in contesti educativi a bassissimo budget. Infine l’intero progetto ha un’apertura alla fisica degli acceleratori, delle particelle e delle interazioni fondamentali. L’efficacia del progetto è attestata anche dalla statistica dei dati relativi a due gruppi di classi differenti: il primo formato da classi che, dopo lo sviluppo teorico, hanno eseguito l’esperienza delle monetine; il secondo, il cosiddetto gruppo di controllo, formato invece da classi che hanno seguito una “didattica tradizionale”, senza l’esecuzione dell’esperimento in questione.

Come si può rendere innovativa la didattica della Fisica?
Personalmente ho avuto modo di provare più volte, sia in fisica che in matematica, una didattica incentrata sul laboratorio che faccia uso di materiale povero da far realizzare agli studenti. Ciò non sempre è possibile, giacché dipende da quanto gli argomenti da trattare si prestino a questo tipo di attività. Ma quando se ne ravvede la possibilità, è davvero una grande soddisfazione cercare e trovare un nuovo metodo, un apparato sperimentale di facile costruzione che possa consentire una comprensione migliore, capace d’accendere l’entusiasmo nei ragazzi, così da favorirne un processo formativo saldo e permanente. In questa modalità, certamente avvincente, gli studenti diventano attori, “mettendosi in gioco”, dapprima con la costruzione dell’apparato sperimentale atto a riprodurre il fenomeno fisico o a comprendere una teoria matematica, poi effettuando l’esperienza, cercando accorgimenti per l’esecuzione che minimizzino gli errori, prendendo misure ed elaborandole, fino a formulare e/o verificare una legge fisica che sottostà al fenomeno. Tutte le volte che ho sperimentato questo tipo di didattica, che impropriamente definirei innovativa, ho constatato come gli occhi degli studenti si accendano di una speciale luce, non facilmente individuabile quando si fa didattica tradizionale; l’attenzione diventa così molto alta, il tempo scorre piacevolmente e, di conseguenza, l’assimilazione dei contenuti è significativamente facilitata. Le testimonianze degli stessi alunni ed i test di verifica che sono stati somministrati, confermano la bontà di questa pratica d’insegnamento. Attenzione però: non sempre è possibile attuarla, come ricordavo prima. Dipende molto dagli argomenti, oltre che dalle idee che possono o no venire in mente al docente.  Ma, come si suol dire, l’appetito vien mangiando…

Altri progetti ha in mente?
Cercare di sforzarmi a individuare sempre più delle attività che coinvolgano maggiormente i ragazzi, cosicché possano “fare ricerca”, indagare non annoiandosi, coadiuvati dal docente. Ho in mente molte cose da fare e sperimentare. Il ricordo degli occhi dei miei studenti in contesti in cui sono i protagonisti del loro sapere è certamente un fermo immagine che mi incoraggia a procedere per questa strada, alla ricerca di nuove tecniche e “buone pratiche” d’insegnamento. Un altro progetto che mi piacerebbe concretizzare è l’istituzione di una rete di docenti che siano motivati e interessati alla didattica laboratoriale, così da poter condividere.

Grazie prof. Morra!

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