10 Febbraio: Giornata del Ricordo

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Ottanta anni fa, tanti nostri connazionali furono costretti a lasciare le loro legittime abitazioni e il territorio in cui erano nati e cresciuti.

Se rifiutavano di fare ciò o, se non rispettavano il tempo imposto loro, venivano gettati vivi, legati tra di loro con lunghe corde, all’interno di profondissime buche naturali chiamate foibe.
La storia degli italiani infoibati parte però molto prima. Già subito dopo l’Unità d’Italia, molti istriani e dalmati volevano che i loro territori fossero annessi al neo regno d’Italia perché si sentivano culturalmente italiani e non austriaci. Nonostante ciò l’Italia non riuscì ad avere le terre irredente prima del 1918, quando riuscì ad ottenere come “premio”, per aver vinto il primo conflitto mondiale, l’Istria, il Friuli Venezia Giulia, il Trentino Alto Adige, e una parte della Dalmazia. Non ottenne però la città di Fiume i cui abitanti si consideravano a tutti gli effetti italiani. Fiume fu dichiarata “città libera”. Nel 1924 Mussolini annesse la città all’Italia, costringendo però gli Slavi a sottostare controvoglia alle leggi del Regno d’Italia fascista. Successivamente ci furono scontri armati tra Italiani e Jugoslavi. Mussolini emanò poi molte leggi che discriminavano gli Slavi e li obbligavano a parlare solo Italiano e a cancellare le loro tradizioni.
Durante la Seconda Guerra Mondiale l’Esercito Italiano compì diversi crimini di guerra nei confronti dei serbi e dei croati.
Nel 1943, dopo l’Armistizio, le terre irredente furono annesse alla Jugoslavia guidata da Tito che mise in atto la vendetta, gettando nelle foibe tantissimi italiani, fascisti e non, che vivevano lì. Il dittatore comunista obbligò con la forza tutti gli italiani presenti in Istria e in Dalmazia ad abbandonare quei territori e ordinò l’arresto e la pena di morte nei confronti di tutti i nostri connazionali che si opponevano alle sue decisioni. Tanti altri, arrestati, furono gettati vivi nelle foibe, profondissimi inghiottitoi naturali caratteristici di quei territori. In tutto sono stati “giustiziati” in questo modo si calcola fino a 10.000 italiani.
Per molti anni tutte queste violenze sono state occultate per via del legame tra il Partito Comunista Italiano e il governo di Tito e, se ricordate, venivano giustificate dal dittatore e dai comunisti italiani come vendetta per le repressioni subite durante il Fascismo.
Non è affatto giusto però porre la questione sotto questo punto di vista. Innanzitutto, non si possono giustificare questi atti parlando di “vendetta”. Sicuramente il Fascismo ha trattato in modo ingiusto le popolazioni di quei territori, ma gli italiani uccisi da Tito erano innocenti allo stesso modo degli Slavi uccisi da Mussolini. Tito, inoltre, non è stato affatto un governante moderato, ma è da condannare, sotto diversi aspetti, allo stesso modo di molti altri dittatori del XX secolo. Non è giusto, quindi, nascondere un eccidio grave come questo, compiuto nei confronti di noi Italiani, solo per motivi politici. E’ importante capire che quando, si subisce un torto, la vendetta non è mai la via migliore. Solo nelle società primitive vige la legge del taglione.
Il Governo Italiano, pertanto, con la legge n.92 del 2004, ha istituito il Giorno del Ricordo, grazie alla quale si fa  doveroso soffermarsi a riflettere sulla storia delle foibe e su tutto ciò che esse hanno significato.

Vincenzo Troia, III anno

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