Il carnevale secondo Virginia De Winter: “La spia del mare”

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Maschere e costumi si susseguivano in una girandola di colore e tenebra. La storia si univa al grottesco, ricchi costumi barbari, altri dal gusto egizio si mescolavano a finti sciancati e mendicanti che recitavano ad arte la zoppia degli storpi. […]. La guidarono verso un angolo di Piazza San Marco che la festa trasformava in un immenso salone sotto una gelida volta stellata.

Intrigante e grottesco, fascinoso e inquietante, il Carnevale veneziano è un luogo comune quando si richiama alla mente questa festività e i suoi antichi splendori, le maschere e le candele, i saloni abbaglianti e le acque immobili e scure, le leggiadre Colombine e i lugubri Dottori della peste, e ancora danze e tintinnio di calici e piume e parrucche e turbinii di palpabile euforia…
Sfortunatamente, il Carnevale non eguaglia nella nostra epoca i passati fasti, ma attraverso la meravigliosamente poetica prosa di Virginia De Winter lo si può vivere, se non in tutti i suoi aspetti, sicuramente in quelli più coinvolgenti e ambigui.
Con “La spia del Mare”, l’autrice ricrea così magistralmente le atmosfere da permetterci di percepirle, stimolando con mirabili descrizioni e metafore, con un lessico evocativo e aulico, che conferisce quella patina di antichità indispensabile alla verosimiglianza, i sensi intorpiditi: si può avvertire nelle orecchie lo sciabordare lento delle onde e l’eco confusa della musica, cogliere con la coda dell’occhio l’agitare impercettibile dei ventagli, sentire sotto i polpastrelli la ruvida consistenza delle maschere calate sul viso.
Nella Venezia del 1741-1746, il lettore segue le travagliate vicende di una spia inglese, Cordelia Backson, che, ricattata dal padre, è costretta a vestire i panni della gemella Cassandra Giustinian, gravemente malata, davanti all’alta società veneziana e in particolare dinanzi al promesso sposo di lei, Cassian D’Armer, seguendo nel contempo le tracce di un feroce quanto peculiare gruppo di assassini, le cui identità sono celate dietro le maschere della Commedia dell’Arte. Bellissima e pericolosa, attrice consumata e priva di scrupoli, Cordelia, incalzata dalla successione di eventi, omicidi, balli e duelli, porterà alla luce spaventosi segreti sulla sua famiglia e al contempo sentimenti imprevisti e complessi, che la condurranno alla messa in discussione di una vita faticosamente salvaguardata.

Cordelia si sforzò di riprendere le fila del discorso. “È suo modo una storia d’amore” disse.
“È una storia del terrore, Madame” disse Ricciardi.
“Le due cose a volte coincidono” concluse Orsini suscitando una risata generale.

Angosciante e imprevedibile, languido e mellifluo, questo romanzo ci offre uno scorcio della Venezia storica e raffinata, frequentata da un giovane ed iconico ma non scontato Casanova, in cui si inserisce fluidamente una vicenda surreale, e l’appassionato romanticismo dei rosa bilancia il gusto macabro del gotico. L’uso della terza persona non smorza l’intento introspettivo dovuto anche all’alternarsi dei punti di vista tra i due protagonisti; e alle descrizioni barocche che costellano l’intero volume si alternano dialoghi vivaci e incisivi e scene uniche nella loro dinamicità.
Si tratta di una storia in grado di stregare e mantenere con il fiato sospeso e il cuore stretto dall’ansia fino all’ultima pagina, senza che le innumerevoli divagazioni risultino dispersive, ma anzi le storie nella storia sono costruite altrettanto attentamente rispetto alla principale.
Immedesimandosi, il lettore accompagna i protagonisti nelle vicende e si apre ad una enigmatica visione della realtà.

Elena Carbutti, classe terza

 

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