La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo

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Un moderno Ulisse “fantascientifico”, che viaggia in un continuo andirivieni temporale, è Henry DeTamble, il protagonista del romanzo di Audrey Niffenegge, a suggellare l’attualità dell’eroe omerico.

Clare, voglio dirti di nuovo che ti amo. Il nostro amore è stato il filo che mi ha guidato nel labirinto, la rete di sicurezza sotto il funambolo, l’unica cosa reale in questa mia strana vita di cui mi sia potuto fidare. […] Odio pensare a te che aspetti, so
che mi hai aspettato per tutta la vita, sempre incerta su quanto sarebbe stata l’attesa.
Dieci minuti, dieci giorni. Un mese. Che marito inaffidabile sono stato, Clare, come un marinaio, un Ulisse solo e schiaffeggiato dalle onde, a volte astuto e a volte soltanto un giocattolo nelle mani degli dei.

Con queste righe, l’autrice, Audrey Niffenegger, esplicita quel paragone, tra il protagonista e il mitologico Ulisse, sotteso nell’intero romanzo e a tal punto fondamentale da decidere di affidare la conclusione proprio alla voce di Omero, i cui versi assumono un sapore di sorprendente modernità e si inseriscono fluidi nella narrazione, dando la sensazione che l’intera trama sia stata costruita all’incontrario, a partire dalla parola fine.
Pubblicato nel 2003 e romanzo d’esordio della scrittrice, questo romanzo, da cui è tratto anche il film Un amore all’improvviso, ha rappresentato una delle pietre miliari della fantascienza, reinventando, in una perfetta sintesi tra clichè e creatività, un tema assai caro a questo genere letterario: il viaggio nel tempo.

Al di là della stupefacente capacità introspettiva, che permette di esplicitare i pensieri dei personaggi con mirabile fluidità e di rapportare senza forzature la realtà circostante con la dimensione interiore, ciò che colpisce è soprattutto l’intenso realismo che permea la narrazione e coinvolge al punto da rendere agli occhi dei lettori quasi plausibile la possibilità dei viaggi del tempo.
Il protagonista, Henry DeTamble, non è un eletto, un eroe, un superuomo: è trattato al pari di coloro che sono colpiti da malattie geneticamente incurabili e letali: gli somministrano farmaci, droghe, studiano il suo DNA, lo replicano e lo impiantano nel corredo genetico dei topi, cercano di sviluppare una terapia genetica. Infatti, i viaggi del tempo sono incontrollabili e lo conducono indifeso, senza vestiti, confuso nelle situazioni più varie e molto spesso pericolose, lo costringono ad imparare a rubare, scassinare serrature, fuggire, mentire. Ma soprattutto sono i viaggi nel tempo a condurlo, ormai sulla soglia della mezza età, nel prato vicino ad un’imponente casa del Michigan, dove incontra Clare, una bambina di sei anni dai capelli rossi, che nel suo presente è sua moglie.
La loro storia inizia così, con gli incontri tra una ragazzina e uno sconosciuto che appare e scompare senza il minimo preavviso, che passa il tempo a chiacchierare con lei, ad aiutarla nei compiti e con i verbi in francese, a giocare a scacchi, fin quando Clare diviene una giovane donna impaziente di vivere la loro relazione amorosa, che il romanzo ci mostrerà evolversi negli anni, indicando per ogni data l’età dei due, per facilitare la comprensione dei lettori.
Si tratta di un romanzo strano, che risente un po’ delle sperimentazioni letterarie novecentesche, ricordando per esempio il flusso di coscienza oppure riprendendo uno stile semplice, quasi essenziale, pur rimanendo evocativo. Le tematiche trattate toccano la religione, l’arte, la maternità, l’amore, il sesso, la depressione. I personaggi sono complessi, e imperfetti in tutta la loro umanità, con desideri, egoismi, colossali errori, ma soprattutto timori: esseri umani in balia di un mondo oscuro, in cui sono immersi rispecchiandone le infinite sfaccettature. I reiterati sbaglio di Henry, il talvolta crudele egoismo di Clare, non li rendono “cattivi” ma ne mettono in risalto l’innegabile fragilità, che sembra molto spesso venire omessa nella letteratura per opera di un’eccessiva sublimazione poetica.
Di questo romanzo, innegabilmente crudo, rimane però l’impressione di un amore immortale, al pari di quello delle fiabe, e simboleggiato dalla figurina, stagliata sull’orizzonte nebuloso della vita quotidiana, di una Penelope moderna che attende in eterno il suo Ulisse, con dolore, nostalgia, rabbia, ma soprattutto incrollabile fede.

Elena Carbutti, classe terza

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