Un settore che di “primario” ha solo il nome

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“L’agricoltura è alla base dell’economia!”, “Senza agricoltura non si mangia”, “Niente agricoltura, niente futuro”: questi sono solo alcuni dei tanti slogan che in questi giorni gli agricoltori mostrano nella loro protesta. 

Finalmente la maggior parte degli agricoltori italiani ed europei è riuscita a far sentire la sua voce. Evidentemente, non  ne potevano più. Da tanti anni infatti gli agricoltori sono costretti a subire direttive, secondo loro, ingiuste dell’UE. Gli slogan, con cui si rivendica l’importanza del settore primario nell’economia mondiale, sono più che veritieri. Sicuramente senza agricoltura e senza allevamento non potrebbe essere assicurata una delle più importanti funzioni vitali dell’uomo: l’alimentazione, oltre a tanti altri bisogni umani ed inoltre Il settore primario è la base di tanti  altri settori dell’economia. Purtroppo però gli agricoltori da anni non ricevono più quella gratitudine e quel riconoscimento che spetta loro per il  duro lavoro che compiono.
Lo stato italiano e l’Unione Europea stanno adottando delle politiche che vanno contro l’agricoltura: importano tonnellate e tonnellate di grano, di olio di oliva e di tanti altri prodotti agricoli dai Paesi esteri, in cui questi prodotti vengono coltivati a prezzi bassissimi ma soprattutto senza che vengano  rispettate le normative UE, riguardanti i fitofarmaci. Pensiamo al Canada o all’ Ucraina, da cui l’Italia importa la maggior parte del grano,  Paesi  caratterizzati da un clima freddo e rigido, sfavorevole alla coltivazione del frumento. Qui, per far maturare il grano, gli agricoltori canadesi o ucraini ricorrono legalmente a prodotti tossici e cancerogeni come il Glifosato, un diserbante. Ovviamente queste consistenti importazioni fanno crollare il prezzo del grano italiano.
D’altra parte anche le leggi statali non controllano i prezzi e li lasciano in balia delle decisioni dei commercianti, verso cui gli agricoltori non possono assolutamente protestare, dato che sono fortemente pressati dalla necessità di vendere, poiché ciò che producono è merce  deperibile.  Possiamo anche citare i  costi di produzione elevatissimi, le regole severe, le imposte gravose da rispettare o le notevoli difficoltà nella ricerca di manodopera. Quindi la nuova Pac, le cui norme sono comunque  severe, è solo la classica goccia che  ha fatto traboccare un vaso troppo colmo.
In tutto questo scenario di ingiustizie e di prese in giro,  tantissimi  giovani che in futuro desiderano intraprendere con impegno e serietà un’attività nel settore agricolo, tra cui chi scrive, sono davvero arrabbiati e preoccupati. Che cosa ne sarà dell’agricoltura in futuro? Molti sono  nati e cresciuti respirando i valori della terra, nutrendo un grande amore per la campagna, un amore trasmesso di generazione in generazione. Perciò, pensando a questa situazione, il rammarico e la frustrazione sono enormi, insieme al grande desiderio di impegnarsi con tutte le forze per cercare di cambiare una realtà piena di ingiustizie.

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